Guido Driussi – esperto in diagnostica, restauro e conservazione dei beni culturali

Umidità di risalita: oltre all’acqua, occorre porre attenzione anche al deposito dei sali

Per contrastare il degrado da umidità di risalita, è fondamentale innanzitutto eliminare l’acqua dai muri, ma occorre anche individuare la presenza di sali nel sistema murario, intervenendo con un approccio a 360°, che va oltre l’azione – pur fondamentale – della tecnologia CNT.

di Maria Chiara Voci

«Per conservare, occorre conoscere il problema – spiega Guido Driussi, esperto in diagnostica, restauro e conservazione dei Beni Culturali -. Bisogna, infatti, considerare cosa succede nel sistema murario nel suo insieme quando si verifica un problema di umidità di risalita».

L’eliminazione dell’acqua dalle murature, grazie alla tecnologia CNT, è garantita. La bonifica dei muri dai sali, invece, è un tema altrettanto insidioso. Perché?

«I movimenti dei fluidi sono ormai noti e indagati dalla letteratura scientifica. Molto meno conosciuti sono, al contrario, il movimento dei sali nelle murature e soprattutto la cinetica con cui questo avviene.  Infatti, quando si verifica un problema di umidità di risalita nelle murature non circola solo acqua, bensì una soluzione più o meno concentrata di sali. Questo accade naturalmente in città come Venezia, costruite sul mare ma, in modo analogo, anche in zone di terraferma; l’acqua (dolce) che risale i muri è sovente ricca di sali».

Con la tecnologia CNT l’umidità di risalita viene eliminata, ma come si comportano i sali contenuti nell’acqua? E quali sono le possibili conseguenze?

«Quando si interrompe il flusso di risalita dell’acqua, resta il problema della soluzione ricca in sali già presente nelle murature. Solitamente, il fluido tende ad evaporare spontaneamente, con una distribuzione che non è mai uniforme. La cristallizzazione dei sali che segue un processo di evaporazione comporta il passaggio degli stessi dallo stato liquido a quello solido, con immaginabili conseguenze sul comportamento della struttura che li trattiene e con il verificarsi di numerosi fenomeni di stress alla struttura stessa, che conseguentemente si degrada. Inoltre, alcuni sali hanno anche proprietà igroscopiche, cioè sono in grado di assorbire, in fase di cristallizzazione, acqua direttamente dall’umidità dell’ambiente».

C’è quindi il rischio che i sali stessi si comportino da “attrattori” di nuova acqua…

«Esatto:  l’igroscopicità dei sali  implica che, anche se la muratura viene liberata dall’acqua di risalita, la presenza residua dei sali può contribuire a richiamare umidità. Ma c’è dell’altro. Infatti tali sali modificano il loro abito cristallino in funzione del diverso grado di idratazione -che a sua volta può variare anche considerevolmente in funzione della temperatura (giorno-notte, estate -inverno) e detta modificazione dimensionale introduce ulteriori fenomeni di stress sulle strutture porose che li contengono».

Come si deve, dunque, agire?

«E’ necessario che l’azione di contrasto all’umidità sia a 360°. Ciò significa che la deumidificazione deve avvenire in modo controllato, eseguendo costanti verifiche sia termografiche della muratura su cui si agisce, ma anche ponderali. Solo questa seconda prova, che consiste nel prelievo di campioni a diverse profondità, può rivelarci particolari importanti non solo sulla effettiva azione di deumidificazione in profondità ma, soprattutto sulla cinetica del comportamento dei sali nel sistema murario. Si tratta di prove importanti, che devono sempre essere eseguite, anche perché a volte la permanenza di sali nei muri è un problema che emerge solo nel tempo, ad esempio quando le nuove intonacature sono già state effettuate».

Individuato il problema, gli interventi per risanare le murature in cosa consistono?

«Se si tratta di problemi superficiali o subsuperficiali, è possibile ad esempio agire con impacchi di varia natura: dai più semplici con polpa di carta o lega quelli tecnologicamente più evoluti, che facilitano l’estrazione dei sali e liberano i muri.

Le nuove frontiere della ricerca  si stanno sviluppando nel tentativo di “inertizzare” i sali, trasformandoli in composti insolubili, e dunque bloccati. Per sapere come agire, occorre innanzitutto avere una totale conoscenza della situazione. Conoscere, appunto, per conservare».