Dopo 11 anni la tecnologia continua a mantenere intatta l’asciugatura dell’opera, che stava per compromettersi irrimediabilmente. A raccontare la storia del restauro è Adriana Vindigni. «Inizialmente ero scettica – racconta – ma la CNT, al contrario, ci ha consentito di salvare l’opera dallo smontaggio quando sembrava non ci fosse altra soluzione praticabile».

Se non fosse intervenuta la tecnologia CNT a risanare la situazione e risolvere un annoso problema di umidità di risalita capillare, è probabile che oggi una buona parte del basamento decorato della Cona di San Giorgio di Ragusa Ibla, retablo dell’antica maestria siciliana nella lavorazione della pietra del periodo antico e pre-barocco e patrimonio Unesco, sarebbe letteralmente “finito in polvere”. Perché la sfarinatura della pietra calcarea con cui è realizzata l’opera era uno degli effetti evidenti e drastici dell’azione dell’acqua e dei sali penetrati nella muratura della sacrestia, locale in cui la Cona è collocata. Oggi, a vent’anni dall’avvio degli interventi di restauro e a oltre undici dall’installazione della tecnologia CNT sviluppata e brevettata dal gruppo Leonardo Solutions & Domodry – tecnologia che impedisce la polarizzazione dell’acqua e arresta la risalita capillare nelle murature – Adriana Vindigni, all’epoca progettista e responsabile dell’intervento di recupero, ci racconta quell’esperienza di successo.

cattedrale san giorgio ragusa ibla

«Il restauro del monumento è iniziato nel 2002 – ricorda la progettista, esperta in restauro lapideo. – L’opera, realizzata da Antonino Gagini, figlio del celebre scultore palermitano, inizialmente era stata pensata come un retablo di diciotto sculture di varie dimensioni per ricoprire interamente l’abside dell’antica chiesa gotica. In seguito al terremoto del 1693 l’antica chiesa fu pesantemente danneggiata; la Cona fu allora ridimensionata e trasferita nella sagrestia del Duomo settecentesco di nuova costruzione». A fianco della statua di San Giorgio che sconfigge il drago, posta al centro come patrono di Ragusa Ibla, sono ancora presenti altri due santi guerrieri, simbolo della vittoria della Cristianità sull’ Islam all’indomani della battaglia di Lepanto.

«I restauri sono stati avviati grazie ai finanziamenti messi a disposizione dalla legge speciale 61 del 1981 per la salvaguardia del centro storico Ibleo. All’epoca l’attenzione per la conservazione monumentale muoveva i primi passi. Il bene, di proprietà della Curia e della Chiesa di San Giorgio, è stato ritenuto fra quelli da recuperare». Nonostante il lavoro di restauro, la situazione dell’umidità di risalita nell’ambiente in cui la Cona era conservata stava compromettendo ogni sforzo. «Tutta Ibla è costruita su un terreno scosceso. Dalla parte alta dell’edificio, l’azione della pioggia aveva creato un ruscello sotto le fondazioni della sacrestia. L’umido, risalendo attraverso le murature, aveva gravemente compromesso il basamento della Cona, i cui  fregi  si stavano lentamente sbriciolando  perdendo forma». Fra le ipotesi allo studio, c’era addirittura quella di smontare l’opera per provare a risanare il complesso scultoreo dalle fondamenta. Tuttavia, oltre a non essere un’operazione semplice, dava adito alla possibilità di spostare anche il retablo in un’altro sito, soluzione che avrebbe tradito la storia dell’opera. «Fu l’allora assessore alla Cultura del Comune di Ragusa, l’Ingegnere Giaquinta, a proporre la giusta soluzione. Era inizio agosto del 2011 quando l’impianto CNT è stato installato e ha iniziato a funzionare».

La CNT è una tecnologia che si sposa bene nel caso dei beni culturali perché è totalmente compatibile con le preesistenze e non invasiva. «Poste tutte queste caratteristiche – prosegue Adriana Vindigni – e nonostante fossi perplessa a riguardo, ho pensato che tanto valeva fare una prova. Al massimo non avrebbe funzionato. Venti giorni dopo l’installazione, tuttavia, sono stata chiamata dal parroco: il basamento della Cona aveva iniziato a riempirsi di efflorescenze. Cosa stava succedendo? Non appena sono andata nella sacrestia e ho visto con i miei occhi di cosa si trattava, ho immediatamente tirato un sospiro di sollievo: quella tecnologia della quale ancora non eravamo sicuri stava in realtà funzionando». «L’acqua stava a poco a poco evaporando dal basamento della statua, facendo emergere e depositare i sali presenti nell’acqua che nel tempo la pietra aveva assorbito. Abbiamo subito iniziato un’operazione mirata di pulitura periodica della superficie, con tamponamenti e impacchi con acqua distillata e seppiolite. Contestualmente abbiamo facilitato l’evaporazione aprendo una breccia dietro il monumento, così da dirottare il processo di evaporazione lontano dalle superfici scultoree. Questo processo è durato un paio di anni, il tempo di espellere tutta l’umidità accumulata, dopodiché lo scambio idroscopico si è stabilizzato e il problema è stato praticamente risolto. Come piacevole effetto collaterale, si sono asciugate anche le armadiature ottocentesche in legno che ornano la sagrestia, contenenti preziosi paramenti sacri».

L’impianto CNT nel Duomo di Ragusa è tuttora in funzione: l’azienda continua ad effettuare periodici controlli del mantenimento del risultato raggiunto. L’ultimo – eseguito pochi giorni fa a distanza di 11 anni e 132 giorni dall’installazione – ha confermato che non c’è traccia di umidità.

L’EFFICACIA DELLA CNT MOSTRATA ATTRAVERSO LE IMMAGINI DELLE TERMOGRAFIE

A sinistra (di ogni immagine): la termografia evidenzia, con il colore scuro, la presenza di umidità di risalita. A destra (di ogni immagine): la termografia finale, ripetuta al termine della fase di evaporazione, mostra la totale scomparsa dell’umidità.

Biografia dell’Arch. Adriana Vindigni

Si laurea nel 1977 a Firenze e dal 1980 frequenta i tre anni di formazione all’Opificio delle Pietre Dure, sezione Lapidei.
Rientrata a Ragusa, orienta le sue scelte professionali nell’ambito della salvaguardia, recupero e restauro delle opere d’arte del territorio dell’area degli iblei. Fonda nel 1983 la sezione Scultura nel Laboratorio di Restauro del Museo Diocesano di Ibla, curando negli anni varie opere d’arte lapidee tra cui i Leoni Romanici della chiesa del Santissimo Crocifisso di Noto; le statue pre-terremoto dell’Antica chiesa di San Giorgio ad Ibla; la “Dormitio Virginis”, pala d’altare in terracotta (XVI sec.) nella chiesa di Santa Maria delle Scale a Ragusa; la “Fuga in Egitto”, scultura pre-terremoto (XVI sec.) posta al confine tra Ragusa superiore ed Ibla.
Nel 2002 progetta e dirige i lavori di restauro della Cona del Gagini (1573), sacrestia del Duomo di San Giorgio a Ibla. Ha curato inoltre la ricostruzione storica della chiesa di San Giorgio vecchio (XIII sec.) e del suo Portale. Nel tempo, per lo studio associato Areddia, è stata la consulente specialista sui materiali lapidei in numerosi lavori di restauro in area Vittoriese tra cui il Castello Colonna-Enriquez (XVII sec.); l’antico Convento dei Frati Minori (XVII sec); Palazzo Iacono, sede municipale (XIX sec.); l’antico Mercato del Pesce (XIX sec.); la fontana Garì (XIX sec.); il tempietto “Calvario” (XIX sec.).
Sua anche la consulenza specialistica nel restauro delle antiche patine della facciata del Duomo di San Giorgio del Gagliardi a Ibla (XVIII sec.), patrimonio UNESCO.