Lecce, nota anche come “la Signora del Barocco” non è immune da problemi di umidità di risalita nei suoi molteplici edifici storici, dove domina l’uso di pietre locali. Anche qui la CNT si è dimostrata vincente.

di Francesca Corsini
foto in apertura e sotto: viaggionelmondo.net

 

Galeotto fu il Salone del Restauro di Ferrara del 2011. Qui il professor Paolo Maria Congedo, ingegnere, ricercatore all’Università del Salento, presenta alcuni lavori sulla pietra leccese e si confronta per la prima volta con la tecnologia CNT sviluppata da Domodry, espositore alla Fiera. L’incontro dà il via a un progetto che parte lo stesso anno: testare la tecnologia a neutralizzazione di carica (CNT) su nuovi materiali. «Nuovi non nel senso di innovativi – precisa il professor Congedo – perché si tratta di pietre tradizionali del Salento, ma con le quali la CNT all’epoca non aveva incora interagito». Stiamo parlano della pietra leccese, tipica arenaria del Salento, del tufo calcareo, e del carparo, pietra anch’essa calcarea risalente a milioni di anni fa, i cui componenti costitutivi le donano un colore unico: tutti lapidei molto soggetti all’azione dell’umidità e al degrado da questa prodotto.

È stato quindi scelto un edificio rappresentativo del territorio, la Chiesa di San Matteo, nel centro storico di Lecce, un esemplare unico nel panorama dell’architettura sacra locale, che unisce forme del Barocco romano al tradizionale intaglio decorativo della pietra pugliese. D’accordo con la curia è partita la sperimentazione.

«La chiesa aveva alle spalle una storia critica perché in passato, proprio per arginare l’umidità di risalita si era ricorsi all’impermeabilizzazione. Questa scelta in realtà si era tradotta in un peggioramento perché ha contribuito a far traslare l’umidità verso l’alto». La tecnologia CNT invece è stata risolutiva: in base allo sviluppo della superficie, è stato deciso di installare all’interno quattro dispositivi. Parallelamente sono stati avviati alcuni interventi di restauro che hanno visto la rimozione del rivestimento superficiale impermeabile. E la chiesa è tornata a respirare. Qual è la situazione oggi? «L’umidità di risalita è risolta e non si notano più fenomeni evidenti di umidità. Naturalmente non si è trattato di un risultato immediato. Così come l’umidità di risalita si sviluppa lentamente, anche la tecnica per contrastarla richiede qualche mese perché si posano registrare gli effetti. I sistemi poi devono restare in funzione per prevenire l’innesco della risalita capillare e mantenere costantemente i benefici».

È stato quindi dimostrato che la CNT funziona anche per le pietre tipiche del Salento. Fine del monitoraggio? «Assolutamente no. All’avvio del progetto e nei primi anni successivi, allo scopo di validare il metodo le verifiche sono state molto frequenti. Ora che il problema è risolto, proseguiamo l’osservazione programmando circa un accertamento all’anno, anche solo per sincerarci che gli impianti stiano funzionando correttamente e poter quindi certificare il mantenimento del risultato raggiunto anche a lungo o lunghissimo termine (ormai oltre 10 anni dall’installazione)».

Altri progetti sul territorio leccese? «Abbiamo testato la tecnologia CNT con incoraggianti risultati nel Duomo di Lecce, dove però abbiamo dovuto interrompere lo studio per importanti lavori di restauro avviati nella cripta, che soffriva per altri tipi di problemi. E comunque quando l’umidità di risalita si somma ad altri danni, come ad esempio quelli causati dalle infiltrazioni, per ottenere una completa risoluzione dei problemi occorre che gli apporti idrici diversi dalla risalita capillare vengano affrontati e risolti separatamente. Parallelamente, abbiamo utilizzato la CNT nell’Istituto Universitario Buon Pastore e qui il beneficio è stato duplice perché abbiamo registrato anche un’importante riduzione di radon, che tipicamente risale con l’acqua».

Programmi per il futuro? «Da ricercatore il mio sogno è testare la tecnologia in laboratorio, isolando l’umidità di risalita da altri fenomeni che possono interagire, situazione che si verifica di solito nel trattamento di tutti gli edifici. Creare artificialmente le condizioni però non è banale e richiede tempo, perché appunto l’umidità di risalita è un effetto che cresce e si manifesta lentamente».