La sua storia ha seguito l’evoluzione e le trasformazioni della città del Palio, a partire dal Medioevo. Un passato che si legge anche sulle sue pareti.

di Daniela Dirceo

 

«E tranne la brigata, in che disperse

Caccia d’Ascian la vigna e la gran fonda,

e l’Abbagliato suo senno proferse. »

(Inferno XXIX, vv. 130-132)

 

Umberto Gualtierotti Marri recita a memoria la terzina dantesca che cita la “brigata spendereccia”: giovani nobili senesi che abitarono il Palazzo detto “La Consuma”, di proprietà della sua famiglia ormai da tre generazioni.
Il nome dell’edificio, giunto inalterato e tramandato nei secoli, trae le sue origini proprio da ciò che accadde all’epoca di Dante, e in via Garibaldi a Siena, sulla facciata del Palazzo, leggiamo ancora oggi i versi che il poeta gli dedicò.

La costruzione è antichissima, le origini risalgono intorno al 1100, quando fu eretta come postazione militare a difesa delle mura cittadine.
Poi arrivò il tempo della “brigata spendereccia” appunto: un gruppo di giovani provenienti dalle maggiori famiglie nobiliari senesi, che nel 1280, usando come quartier generale La Consuma, riuscì a sperperare più di 200.000 fiorini d’oro, godendosi la vita in pranzi e bagordi. Una cifra da capogiro per quei tempi e che oggi si aggirerebbe intorno ai 12-15 milioni di euro. Un evento talmente eccezionale e conosciuto all’epoca da essere utilizzato dall’Alighieri come esempio per i peccatori scialacquatori delle loro sostanze, nel girone dell’Inferno in cui sono condannati.

“Dopo il dissesto causato dalla nobile congrega – prosegue Gualtierotti Marri – nel 1302 la famiglia Malavolti donò la casa ai frati di San Domenico che la utilizzano come spitale, luogo di accoglienza per i pellegrini in viaggio probabilmente dalla Germania verso Roma. Venne costruita una Chiesa, intitolata a Santa Ursula e 11.000 Vergini (protettrice della città tedesca di Colonia), ancora oggi visibile, con le sue meravigliose tre arcate e parte dei pilastri che le reggono, e che è adibita a nostro garage”.  Uno dei garage più belli della penisola, se non fosse per il problema che l’affligge da secoli, l’umidità di risalita.

Il Palazzo, infatti, nel tempo ha subito trasformazioni. “Nell’800 – afferma il proprietario – quando ormai la casa era già diventata abitazione privata, a seguito della costruzione della ferrovia e dell’innalzamento di due metri di via Garibaldi, il pian terreno del Palazzo diventò seminterrato: una superficie di circa 300 mq, che comprendeva gli spazi di quella che era stata la Chiesa, finirono sotto il terrapieno che ormai circondava i tre lati della casa, ricoperto per lo più dal giardino”.

Questa la ragione della continua umidità di risalita presente in alcuni locali del pian terreno.  Gualtierotti Marri ricorda un aneddoto a tal proposito: “il problema era talmente importante, che tutte le graffette e gli spilli presenti nell’ufficio si arrugginivano rapidamente”. Della situazione i diversi proprietari erano sempre stati consapevoli, tanto che nel 1946 su un lato di ciò che era stata la Chiesa fu creata un’intercapedine, ma i risultati furono decisamente poco soddisfacenti.

E si arriva così al 2009, quando, grazie ai consigli di un architetto di Bergamo che già aveva sperimentato l’efficacia della soluzione, i proprietari vengono in contatto con Domodry. Viene eseguito un primo rilievo nel giugno del 2009, che conferma un esteso problema di umidità di risalita. Viene installato così l’apparecchio CNT nel centro del piano terra, in modo da poter coprire tutta la pianta del pian terreno. La tecnologia a neutralizzazione di carica funziona appunto neutralizzando la carica elettrica dell’acqua presente nel terreno a contatto con la muratura, interrompendone la risalita attraverso i capillari del muro.

Già nel marzo dell’anno seguente, la termografia effettuata accerta una notevole diminuzione del fenomeno e così, nel settembre del 2011, viene verificato con rilievo il sostanziale completamento del processo di deumidificazione. “Una volta asciugate le pareti – prosegue il proprietario – siamo stati in grado di risanare gli intonaci e restaurare le decorazioni che erano presenti. Oggi, a più di dieci anni dall’installazione, il dispositivo è ancora in uso, non richiede alcuna manutenzione e non è invasivo. Ma soprattutto, svolge il suo compito egregiamente con un effetto che dura nel tempo”.

Disegno del XVII sec. presente nell’Archivio di Stato di Siena

Il Palazzo

Interni del Palazzo

Iscrizione della terzina dantesca presente sulla facciata del Palazzo