In dialogo con l’Ing. Arch. Veronica Vitiello,
Ph.D
assegnista di ricerca presso il D.I.C.E.A. dell’Università di Napoli Federico II

(le interviste seguono l’ordine “dalla più recente”)

EPISODIO 3

Sono tre i requisiti da rispettare quando si esegue un intervento di restauro o di risanamento conservativo sul patrimonio storico: le opere non devono essere invasive; i materiali impiegati devono essere compatibili con quelli preesistenti e non comprometterne la composizione; ogni azione deve essere reversibile. Si tratta di tre caratteristiche rispettate, in tema di risoluzione dei fenomeni da UMIDITA’ DI RISALITA – dalla CNT, metodo che non richiede interventi sulle murature, non incide in alcun modo sulle caratteristiche materiche dell’immobile oggetto del risanamento e i cui effetti (peraltro positivi) sono garantiti fintanto che il sistema alla base della tecnologia è in attività. Lo stesso non si può dire per altri metodi di risanamento, che in tutto o in parte compromettono il fabbricato originario (pur cercando di dare soluzione a un problema).

Quali sono i metodi tradizionali e quali i limiti di applicazione?

I metodi tradizionali si dividono in diverse tipologie. Possono essere meccanici, chimici, evaporativi o elettrici. In tutti i casi si dimostrano molto invasivi e non efficaci. Scopriamo perché.

I metodi meccanici di contrasto all’umidità di risalita possono prevedere un “taglio” della muratura alla base del fabbricato (più o meno all’altezza di 60 cm dal piano di calpestio) e l’introduzione, nel giunto di malta fra un filare di mattoni e quello successivo, di barriere anti-risalita, quali lastre di piombo (materiale metallico che blocca la risalita dell’acqua) o di materiale plastico. Altro metodo meccanico è anche il cosiddetto “cuci e scuci”, cioè la sostituzione delle porzioni di muratura ammalorata dall’umidità con materiali meno porosi. Tuttavia, si tratta di sistemi altamente invasivi (ad esempio, sulle decorazioni dei basamenti che possono risultare compromesse) e, peraltro, non efficaci nella risoluzione definitiva del problema. Il taglio meccanico, in particolare, produce una sconnessione dell’edificio rispetto al sistema di fondazione che è sconsigliato per ragioni di statica, considerato che rende più vulnerabile il fabbricato alle azioni orizzontali di un sisma. Anche laddove questo limite venga superato con barriere scorrimento, le lastre in piombo o plastica maggiore accumulo al di sotto delle barriere stesse.

Gli interventi con iniezioni chimiche agiscono in modo simile alle barriere meccaniche, ma prevedono l’inserimento anziché di lastre, di composti idrorepellenti che, diffondendosi in tutto lo spessore della muratura, dovrebbero ostacolare la risalita dell’acqua. Questo metodo, oltre ad evidenziare gli stessi limiti del precedente, non garantisce un’uniformità di diffusione della barriera. Senza contare che i materiali iniettati potrebbero interagire con quelli della struttura originaria, compromettendoli in modo permanente e irreversibile. Ad esempio, un’interazione su una superficie decorata potrebbe alterare la pietra o la pellicola pittorica.

I metodi evaporativi, che come dice la parola servono a facilitare l’evaporazione del contenuto umido di una muratura, senza creare un’interruzione della risalita, possono essere realizzati mediante la sostituzione degli intonaci originari di un immobile con composti macro-porosi o attraverso l’inserimento di contropareti e canali per la ventilazione naturale delle pareti umide. Anche in questo caso, l’intervento di restauro o risanamento è molto invasivo e tale da compromettere la struttura storica: nel primo caso perché s’interviene con la cancellazione di intonaci che rappresentano una documentazione storica di tecniche di costruzione antiche; nel secondo caso perché comportano l’inserimento di elementi architettonici estranei al progetto.

Infine, i metodi elettrici (elettrosmosi o elettrosmosi foresi) si basano sul comportamento e l’interazione fra la muratura e l’acqua. Sono, di fatto, i progenitori della CNT, ma a differenza di quest’ultima prevedono l’inserimento di un circuito elettrico continuo nella muratura che deve essere risanata, attraverso l’esecuzione di una traccia continua. In presenza di elementi decorati, il sistema è anche fortemente invasivo.

In generale per tutti questi metodi tradizionali non si dispone di dati scientifici che ne dimostrino l’efficacia in termini di risoluzione del fenomeno.

Perché la CNT è perfettamente compatibile con un intervento di restauro o di risanamento conservativo sul patrimonio storico

Il metodo della CNT funziona attraverso l’inserimento di un campo elettromagnetico in un ambiente e non richiede interventi sulla muratura. Questo campo, capace di disturbare la polarità dell’acqua e di neutralizzarne l’azione di risalita, è innocuo per l’uomo, perché di intensità molto inferiore a quella esercitata da un qualsiasi dispositivo domestico (un frigorifero così come, ovviamente, un cellulare).

Il campo elettromagnetico viene creato da un apparecchio delle dimensioni poco superiori a un modem, con un raggio di azione sferico, attivo fino a 15 metri di distanza che si collega ad una comune presa elettrica domestica. In funzione della geometria dello spazio da risanare potrà essere necessario impiegare uno o più dispositivi, che possono essere tuttavia posizionati anche in una zona nascosta rispetto al corpo principale di un fabbricato (nell’installazione fatta nella Chiesa Ave Gratia Plena di Guardia Sanframondi in provincia di Benevento, ad esempio, i dispositivi sono stati posizionati in due zone nascoste (foto) in modo da non alterare la percezione dell’apparato decorativo dello spazio architettonico).

Nessuna attività, fra quelle ospitate in un fabbricato, deve essere interrotta. Una delle sperimentazioni che abbiamo sviluppato a Madrid nell’ambito del mio dottorato di ricerca, ad esempio, ha previsto l’installazione della CNT all’interno del laboratorio di chimica della facoltà di Geologia che, per l’intera durata dell’installazione, è stato normalmente frequentato per le lezioni.

Infine, la CNT rappresenta un intervento reversibile perché per farne cessare gli effetti (benefici) basta spegnere i dispositivi. La muratura riprenderà a riassorbire acqua, ma non avremo creato alcuna alterazione sull’edificio. Quindi anche nel caso di una interruzione accidentale dell’energia elettrica, non vi sono danni alla muratura. In una seconda sperimentazione condotta a Madrid, all’interno del centro culturale el Cuartel el Conde Duque, il dispositivo è stato spento involontariamente per un paio di mesi estivi a causa dell’interruzione dell’elettricità in tutto il piano seminterrato; alla verifica stagionale effettuata successivamente è stato verificato un rallentamento dell’asciugatura in concomitanza con quell’evento senza, tuttavia, determinare alterazioni alle strutture o ai materiali. Ovviamente, se il periodo di interruzione si fosse protratto, dopo diversi mesi avremmo molto probabilmente letto, attraverso una immagine termografica, un nuovo innalzamento dell’altezza di risalita.

EPISODIO 2

Come viene trattato all’estero il tema dell’umidità sui materiali costruttivi perché la Tecnologia a Neutralizzazione di Carica o CNT pone l’Italia all’avanguardia? A rispondere è la tesi di dottorato in Ingegneria dei Sistemi Civili di Veronica Vitiello. Un progetto sviluppato in partenariato tra l’Università degli Studi di Napoli Federico II, la Escuela Tecnica Superior de Edificacion dell’Università Politecnica di Madrid e l’impresa italiana Leonardo Solutions srl. La tesi è stata discussa in aprile 2020 e ha ricevuto il riconoscimento di Doctor Europaeus. In questa rubrica ve ne raccontiamo i contenuti, in una serie di “puntate”. Seguiteci per conoscere meglio il problema e la soluzione!

Dal Sud Italia a Madrid, passando per il Nord Europa. E uscendo dai confini persino del Continente. Il problema dell’umidità di risalita da sempre affligge i centri abitati costruiti dall’uomo e, in molti casi, compromette (e ha compromesso) nel tempo la conservazione dei manufatti.

Da cosa dipende la maggiore o minore incidenza del problema? E, soprattutto, come viene contrastato il fenomeno, anche nei tempi attuali?

«L’ubicazione dell’edificio così come il materiale in cui è realizzato sono due fattori che influenzano la presenza o meno di umidità di risalita. Questa patologia interessa soprattutto gli edifici che sono realizzati con materiali porosi, come il tufo, il laterizio o la terra cruda mentre è poco presente negli edifici realizzati con pietre granitiche. Ad esempio, gli edifici antichi monumentali della città di Madrid, città in cui ho svolto parte del mio dottorato, furono realizzati con la Berroqueña, una pietra autoctona e molto simile al granito che non assorbe molta acqua perché è poco porosa. Questi edifici, quindi, non hanno problemi di risalita di acqua nelle murature».

Quali tecnologie sono in uso all’estero, fra quelle che ha potuto riscontrare, per contrastare la problematica?

«A partire dall’esperienza specifica dei miei studi archivistici e bibliografici, ho potuto notare che sia in passato, ma ancora nei tempi attuali, l’azione di contrasto all’umidità di risalita è rivolta alla risoluzione degli effetti del degrado senza diagnosticare e risolverne la causa. Ragion per cui, spesso gli interventi messi in atto risultano, nel tempo, inefficaci o addirittura controproducenti perché non sono in grado di fornire soluzioni definitive ma si limitano a nascondere il degrado della muratura, celando anche l’evoluzione del fenomeno».

Un campo in cui c’è poca innovazione?

«Senza dubbio, ciò che ho potuto osservare è un uso di pratiche di intervento ancora molto tradizionali, con introduzione di barriere meccaniche o iniezioni chimiche o ancora inserimento di dreni nelle murature. Alcune di queste tecniche venivano definite inefficaci già nel testo scritto da Massari nel 1952».

Perché la CNT, al contrario, è risolutiva e pone l’Italia, paese in cui è stata ideata, all’avanguardia?

«La tecnologia a neutralizzazione di carica agisce sul principio di “disturbo” della polarizzazione dell’acqua che non viene così più attirata nella muratura. Fra le soluzioni è senz’altro la più moderna, ma ha già alle sue spalle oltre dieci anni di applicazione sul campo, con risultati eccellenti. Non è invasiva sia per l’aspetto materico che estetico di un edificio, visto che consiste nell’installazione di un piccolo apparecchio in un punto all’interno dell’edificio da risanare, capace di agire su un ampio raggio. Infine, è controllabile e controllata nel tempo, perché i risultati sul campo sono soggetti a puntuale verifica periodica e collezionati per verificare l’efficacia dell’applicazione nel tempo».

Risolto un problema, c’è un tema di cura?

«L’applicazione della Tecnologia a Neutralizzazione di Carica permette di interrompere l’azione di richiamo dell’acqua da parte della muratura ma, affinché l’acqua residua evapori, è importante che gli intonaci degradati siano sostituiti con materiali congrui con il supporto murario per consentire la traspirazione, quindi non cementizi. Solo in questo modo è possibile garantire l’asciugatura completa delle murature in tempi certi».

EPISODIO 1

Quali sono gli effetti dell’umidità sui materiali costruttivi perché la Tecnologia a Neutralizzazione di Carica o CNT risulta più efficace di altri sistemi nell’arrestare il fenomeno della risalita capillare? A rispondere è la tesi di dottorato in Ingegneria dei Sistemi Civili di Veronica Vitiello. Un progetto sviluppato in partenariato tra l’Università degli Studi di Napoli Federico II, la Escuela Tecnica Superior de Edificacion dell’Università Politecnica di Madrid e l’impresa italiana Leonardo Solutions srl. La tesi è stata discussa in aprile 2020 e ha ricevuto il riconoscimento di Doctor Europaeus. In questa rubrica ve ne raccontiamo i contenuti, in una serie di “puntate”.
Seguiteci per conoscere meglio il problema e la soluzione!

Umidità di risalita capillare: quali problemi crea a un edificio e perché si risolve con la CNT

Partiamo da un fatto: il fenomeno dell’umidità di risalita capillare, che deriva cioè dalla risalita dell’acqua attraverso la muratura, è ritenuto, a torto, una patologia di second’ordine per l’edificio e spesso viene contrastato con interventi di sistemazione superficiale. Che tamponano o coprono, senza risolvere. In realtà, sono oggi diversi gli studi che dimostrano, con analisi di laboratorio e prove in sito, come il problema sia da prendere in considerazione con grande serietà, perché compromette sia le caratteristiche di resistenza dei materiali costruttivi sia la performance energetica e la salubrità degli edifici.

Un manufatto soggetto a umidità di risalita capillare è, insomma, più vulnerabile?

«Sì. Quando un materiale poroso si satura di acqua per oltre il 50% della propria composizione, le sue caratteristiche meccaniche si riducono in modo sostanziale. Una muratura impregnata per effetto della risalita dell’acqua dal terreno è vulnerabile sotto l’aspetto statico».

L’umidità compromette, inoltre, il comfort termo-igrometrico?

«Se sostiamo in ambiente umido il nostro comfort si abbassa. Una muratura umida tende, infatti, a trasmettere più rapidamente il calore verso l’esterno in inverno. In estate, si inverte il flusso. Gli stessi materiali isolanti sono meno performanti, se bagnati. Il principio è il medesimo di un maglione di lana: da asciutto, ricco di particelle d’aria racchiuse nelle fibre, tiene caldo. Nel momento in cui si bagna e l’acqua prende il posto dell’aria, perde la sua capacità isolante».

Poi entra in gioco il tema della salubrità…

«Esatto. In un ambiente umido si sviluppano muffe che possono essere dannose, se inalate, per il nostro apparato respiratorio e non solo. La Direzione Generale per la prevenzione sanitaria del Ministero della Salute identifica la presenza di umidità nelle murature tra i problemi più dannosi per il comfort abitativo e per la salute umana».

Come viene contrastato il fenomeno?

«In molti casi si ricorre a soluzioni di superficie, che ripristinano gli effetti dell’umidità senza risolvere alla base il problema. Gli interventi evaporativi, con l’impiego di intonaci di risanamento o con l’applicazione di canali di ventilazione, utili ad aumentare il grado di evaporazione di una superficie, non arrestano l’assorbimento dell’acqua dai terreni di fondazione. Vanno, infatti, accompagnati a un intervento che agisca sull’origine del fenomeno. Tecnologie come i tagli meccanici, molto impiegati nel passato, rischiano di peggiorare la situazione, confinando tutta l’umidità nelle fondamenta di un fabbricato. Altre soluzioni che ricorrono all’elettricità (come l’inversione di polarità in un muro, l’elettrosmosi o l’elettroforesi) sono molto invasivi e per essi non abbiamo riscontrato, ad oggi, dati che ne comprovino la reale efficacia».

Qual è la differenza della CNT?

«La tecnologia a neutralizzazione di carica agisce sul principio di mantenimento della neutralità elettrica dell’acqua che non viene così più attirata nella muratura. Fra le soluzioni è senz’altro la più moderna, ma ha già alle sue spalle oltre dieci anni di applicazione sul campo, con risultati eccellenti. Non è invasiva sia per l’aspetto materico che estetico di un edificio, visto che consiste nell’installazione di un piccolo apparecchio in un punto all’interno dell’edificio da risanare, capace di agire su un ampio raggio. Infine, è controllabile e controllata nel tempo, perché i risultati sul campo sono soggetti a puntuale verifica periodica e collezionati per verificare l’efficacia dell’applicazione nel tempo».

SCHEDA TECNICA: Approfondimento sulla tesi

La Tesi di Dottorato in Ingegneria dei Sistemi Civili 32° ciclo è stata sviluppata presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale dell’Università degli studi di Napoli Federico II, ponendosi come ulteriore evoluzione della ricerca sperimentale condotta da anni da un gruppo di ricerca del DICEA.

Il Progetto di ricerca è stato finanziato dal Ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca (M.I.U.R.) su fondi PON RI per il quinquennio 2014-2020 che invitavano gli Atenei di alcune regioni italiane a presentare progetti Dottorato di Ricerca da svolgere in partenariato con un’impresa operante sul territorio nazionale e un Ente con sede in un altro stato della Comunità Europea, al fine di “qualificare in senso industriale le esperienze formative con previsione di ricadute sia sul tessuto produttivo dei territori interessati dal programma, sia occupazionali successive al conseguimento del dottorato”.

La ricerca, finalizzata alla sperimentazione di Sistemi industrializzati innovativi e non invasivi per la caratterizzazione del contenuto umido e per il risanamento delle murature storiche affette da umidità da risalita capillare, si inserisce nella dodicesima area di specializzazione individuata dalla SNSI relativa alle “Tecnologie per il Patrimonio culturale” ed è stata sviluppata in partenariato tra l’Università degli Studi di Napoli Federico II, la Escuela Tecnica Superior de Edificacion dell’Università Politecnica di Madrid e l’impresa italiana Leonardo Solutions srl. Il progetto di ricerca finanziato è stato presentato in convegni nazionali ed internazionali.

La ricerca ha sviluppato una prima fase di analisi della copiosa produzione scientifica sull’argomento, confluita nel volume [8] presentato a Matera nell’Aprile del 2019 nell’ambito di un convegno internazionale che ha coinvolto il patrocinio di 6 Atenei italiani, 5 Ministeri e 5 Ordini professionali.

Sulla scorta degli studi bibliografici sono stati individuati gli obbiettivi del progetto:

La tesi è stata discussa in aprile 2020 ed ha ricevuto il riconoscimento di Doctor Europaeus