Quando chi la produce non ha paura di condividere i risultati e di metterli a disposizione degli esperti per una prova di evidenza scientifica

Giuseppe Riolfo – responsabile tecnico della Comunità Papa Giovanni di Rimini e rappresentante unico della Federestauro Piemonte

«Nella mia esperienza trentennale di architetto specializzato in restauro, a partire da quello del patrimonio ecclesiastico, ho avuto modo di capire come troppo spesso il marketing prometta risultati che negli effetti non sono confermati. Per questo, da tempo adotto soltanto soluzioni che abbiano alle spalle una reale evidenza scientifica. Preferisco investire sulla qualità in ogni segmento che sulla quantità, a partire da quella professionale degli artigiani, delle maestranze e delle aziende con cui collaboro».

Giuseppe Riolfo è architetto, titolare di uno studio che porta il suo nome ed è il responsabile tecnico comunità Papa Giovanni di Rimini oltre che rappresentante unico della Federestauro Piemonte, con delega ai rapporti con le Fondazioni bancarie. Il suo curriculum nell’ambito del recupero dei beni monumentali lo vede in prima linea soprattutto nella conservazione del patrimonio delle diocesi.

 

Quali sono i problemi con cui più spesso si deve confrontare nell’approcciare il restauro di un santuario, un monumento o una chiesa?

«Le criticità più diffuse sono principalmente due. Uno è il fenomeno dell’umidità di risalita. Il secondo è la presenza di condizioni che compromettono la stabilità della struttura. Due tematiche che sono fra loro strettamente connesse. Perché spesso l’umidità di risalita ha un impatto significativo e negativo anche nella sicurezza statica di una costruzione».

Come si è mosso per risolvere il problema dell’umidità di risalita nel tempo?

«Purtroppo, mi è capitato molto spesso di confrontarmi con tecnologie e prodotti che non sono riusciti a risolvere i problemi. Come tecnici, siamo bombardati da promesse. Ma occorre distinguere fra il marketing fine a se stesso e quello che accompagna prodotti di sostanza e qualità».

Cosa pensa della tecnologia CNT?

«Il valore più evidente è dato dall’ampia documentazione scientifica prodotta dal Partenariato universitario CNT-APPs, sulla base di prove concrete. Quando un prodotto funziona non c’è timore di condividerne anche i risultati. Per questo, dopo che avremo svolto le opportune diagnosi, vorrei testare la tecnologia nei cantieri per il recupero della canonica di La Morra, patrimonio Unesco e affrescata da Savio, oltrechè nel cantiere del monastero benedettino di Castino, in provincia di Cuneo, sotto la diocesi di Alba».

Bloccare la risalita dell’acqua è un primo punto, ma non basta…

«Esatto. Si tratta di un passo fondamentale, per procedere poi con le azioni successive. Ma l’approccio deve sempre essere sistemico. Il risanamento arriva solo al termine di un insieme di interventi, che va dalla diagnosi ai monitoraggi e collaudi finali. Anche la scelta degli intonaci da applicare post-risanamento delle murature non deve essere avventata. Il mercato propone numerose soluzioni. Orientarsi su un materiale naturale, come la calce, è un buon punto di partenza».